L’Asilo rEsiste?

Call for action - Prospettive, idee e azioni dopo il Decreto Immigrazione

L’Asilo rEsiste?

Call for action - Prospettive, idee e azioni dopo il Decreto Immigrazione

L’Asilo rEsiste?

Che fare se le frontiere sono sempre più chiuse?
Non ha senso difendere il diritto d’asilo in patria senza battersi per rendere possibile ai migranti l’ingresso sicuro in Europa.


Gli arrivi sono già drasticamente calati negli ultimi due anni e ciò rappresenta un vanto per l’attuale governo.
Come EuropAsilo consideriamo cruciale riaprire un tavolo di discussione sulle politiche migratorie e sulle relazioni con i paesi di origine e di transito. Come promuovere e ampliare le vie legali di accesso? I corridoi umanitari, il resettlement, il ricongiungimento sono pratiche già percorse, anche se di portata limitata.
Quali strumenti possiamo mettere in campo per ampliarle e migliorarle? Possiamo immaginarne delle altre? Quali azioni concrete e dimostrative per “abbattere i muri” e sfidare le frontiere? Come costruire alleanze e forme di collaborazione con chi opera nei paesi di transito (ong, organizzazioni internazionali, osservatori per i diritti)? Quali forme di solidarietà internazionale siamo in grado di promuovere e/o sostenere?
È importante accendere i riflettori su ciò che succede ai confini europei ma anche ai nostri confini. Riflettere su come si entra legalmente in Italia, sul soccorso ai confini e quanto viene ostacolato dallo Stato.

Uno degli elementi importanti che potrebbe diventare uno strumento utile è la proposta del Visto Umanitario Europeo, anche la campagna Welcoming Europe e i corridoi umanitari possono risultare efficaci. L’Europa non ha una politica organica sull’immigrazione, tenta di avere una politica sulla protezione e sull’asilo ma con scarso successo. Negli ultimi due anni, con l’attivazione delle ONG (senza nessuna formazione specifica sul salvataggio in mare) nel Mediterraneo, con l’effetto della chiusura delle frontiere statali, i canali d’ingresso…

Ci sono più di 40.000 persone bloccate in Grecia, dopo aver percorso la rotta balcanica. Si cambiano le rotte, non si possono chiudere i canali d’ingresso in Europa. La gente entra comunque in una situazione di vulnerabilità e di ricattabilità, andando a finire in contesti lavorativi di sfruttamento. A Trieste si sta pensando di creare una rete di sostegno ai confini del Nord Italia per provare a risolvere la situazione dei migranti bloccati. Come ci poniamo di fronte alle frontiere? Ogni frontiera ha la sua specificità da affrontare. Come si può raccontare come arrivano le persone e come vengono gestite alle frontiere? Se non si raccontano queste vicende non si conosce le situazioni critiche e difficili in cui vivono le persone. Il regolamento Schengen prevede la sospensione nel momento di grave emergenza.

PROPOSTE DI EUROPASILO

Bisogna interrogarsi su come “violare le frontiere”. Non ha senso difendere il diritto d’asilo senza difendere la libertà di movimento e rimettere al centro la solidarietà internazionale. Punti di dibattito:

L’asilo non può essere l’unico strumento per attraversare le frontiere.

Non si può pensare a una accoglienza solo governativa perché prende vigore da una politica di controllo sulle frontiere. Bisogna creare una rete di accoglienza non governativa.

1) dobbiamo trovare uno strumento di denuncia, informazione e di controllo sui luoghi. L’osservatorio deve tenere conto anche ciò che accade fuori dalle frontiere, che vengono violate in continuazione. Creare unosservatorio.

2)  chiamare a raccolta untavolo nazionaledi chi ha fatto i corridoi per aprire un tavolo di riflessione sui corridoi umanitari. Per creare una dirigenza dei corridoi interstatale. Bisogna risolvere questa situazione con una chiave europea, con una componente di parlamentari europei che riaprano gli spazi alle frontiere.

3) bisogna uscire dal paradigma giuridico, bisogna trovare unostrumento di mobilitazione sociale e politicache rimandi il problema delle frontiere sul territorio.

4) forme di resistenza della società civile.


GARANZIA DEI DIRITTI Quale protezione legale nel nuovo scenario?

Il decreto immigrazione compromette fortemente sia l’accesso alla richiesta di asilo (la cosiddetta procedura in frontiera comporta un rischio di trattenimento e respingimento), sia la possibilità per i richiedenti di ricevere adeguata tutela e assistenza legale in preparazione alla Commissione. All’interno dei Centri di accoglienza straordinaria la figura dell’operatore legale, centrale nell’equipe multidisciplinare dello SPRAR, di fatto sparisce.

Inoltre, l’esclusione dei richiedenti asilo da quello che era il sistema pubblico di accoglienza integrata riduce le possibilità di una presa in carico e una tutela globale, non solo sul piano strettamente giuridico ma anche da un punto di vista socio-sanitario (la raccolta della memoria non è disgiunta dall’emersione di elementi riconducibili per es. alla tortura o alla tratta). 

L’eliminazione dell’istituto giuridico della protezione umanitaria rischia di produrre uno scenario catastrofico, nel quale persone in condizioni di vulnerabilità che non possono in alcun modo fare rientro nel presunto paese di origine rimangono sui territori senza un titolo di soggiorno e senza assistenza. I seri profili di incostituzionalità della norma andranno subito evidenziati nei ricorsi favorendo momenti di incontro e di formazione giuridica rendendo così più efficaci le singole azioni legali.
Parimenti bisognerà vigilare affinché la protezione “speciale” quale forma residuale di protezione vada applicata con rigore e attenzione da parte delle commissioni territoriali a tutte le situazioni nelle quali è tassativo il rispetto del divieto di espulsione.

Queste disposizioni interrogano fortemente gli enti di tutela. È possibile promuovere ulteriori forme di assistenza e protezione legale sia in frontiera che all’interno dei territori? Quali raccordi sono possibili con i presìdi e i servizi territoriali esistenti? Come monitorare gli esiti delle Commissioni territoriali e delle sedi giurisdizionali alla luce del nuovo Decreto?

Il momento che stiamo attraversando è grave, non solo rispetto all’accoglienza ma anche per il fatto di aver maturato nel sistema pubblico SPRAR la costruzione di competenze che in questo momento rischiano di essere scarsamente attivabili a risposta di bisogni che invece sono manifesti nei territori. Da un lato esistono risorse e competenze elaborate negli anni che ci hanno permesso di sviluppare una tutela legale dove si intercettano fenomeni e dimensioni di intervento e tutela che prima ci erano sconosciuti. Faccio riferimento al tema della tortura, prima sconosciuto, al tema del traffico nei paesi di transito, alle intersezioni tra diverse ragioni delle migrazioni, ai diversi attori sociali che intervengono nelle dinamiche migratorie, come ad esempio la figura del trafficante.

Pensiamo alla tutela legale e alla raccolta della memoria d’asilo che non è solo orientamento alla procedura ma soprattutto il fulcro della tutela della persona sulla quale riorganizzare le scelte di intervento e le testimonianze delle persone. È una parte di tutela che riguarda la relazione con il beneficiario che non è solo scambio di parole ma che interviene su processi profondi, dell’operatore legale, del mediatore, del beneficiario… come riusciamo a comunicare senza vittimizzare? È fondamentale riconoscere la dignità della persona già all’interno della tutela legale per valorizzare il percorso futuro. La tutela legale non si esaurisce alla Commissione e alla memoria d’asilo, ma va riportata al centro la complessità della tutela legale. Per esempio nella raccolta della memoria d’asilo il tema del debito, è di fondamentale importanza anche per comprendere la progettazione sociale che verrà dopo; anche il livello di adesione alle offerte proposte.

In questo momento così dilemmatico, l’operatore legale con le valenze che dicevamo prima è soggetto a forte rischio. Soprattutto perché è un servizio che non è più previsto nei CAS e negli ex SPRAR. La memoria biografica quindi scompare dai radar e diventa difficilmente accessibile. Ma questa competenza è stata affinata nei tempi, e gli operatori sono in grado riconoscere i temi della tratta, dello sfruttamento, ecc. Come lo possiamo rendere disponibile un’azione di tutela legale a tutti i richiedenti asilo? Soprattutto all’interno non solo di un percorso di accoglienza ma anche di integrazione.

Anche per le composizioni recenti dei flussi migratori diventa molto facile inserire tutti i migranti all’interno del gruppo dei migranti economici. Molti di loro si muovono da aree rurali, non hanno coscienza di associazioni, di sindacati, che possono aiutarli, e non ci parlano direttamente di forme di sfruttamento come il land grabbing chiamandolo con il suo nome, ma ne parlano e lo raccontano in altri modi.

La tutela legale di cui oggi vorremmo parlare ha questa complessità e vorremmo che il dibattito si concentri sul rendere il servizio dell’operatore legale fruibile a tutti, concentrandoci sul tema dell’equità e coinvolgendo gli enti territoriali.

PROPOSTE DI EUROPASILO

Migliaia di richiedenti asilo rimarranno senza tutela legale garantita (in tutte le fasi: dall’accesso alla procedura, alla preparazione alla commissione, al raccordo con l’accoglienza, ai ricorsi giurisdizionali). Il tema non è “rivendicare qualche euro in più” per l’accoglienza modello CAS perché sarebbe solo una “toppa” su un sistema che non sta in piedi. Per tutelare davvero i richiedenti asilo in questo nuovo scenario, riconducendo comunque ogni azione alla necessità di difendere il sistema unico di accoglienza e protezione e facendone un’azione politica, queste sono le proposte di EA:

  • Promuovere un servizio di tutela legale territoriale: quindi non offrire tutela legale al posto dei CAS, ma mettere al centro comunque la tutela del richiedente asilo, al di là delle condizioni normative che gli impediscono la piena esigibilità di un suo diritto. Ciò può essere portato avanti per es. chiedendo pubblicamente che l’ex Sprar assuma un ruolo in questa direzione (operatori legali che resteranno “disoccupati” e che possono diventare operatori legali di territorio, non solo per i beneficiari Sprar che a quel punto saranno tutti già titolari di protezione). Se non attraverso lo Sprar, può essere un servizio da organizzare e promuovere attraverso altre forme di corresponsabilità pubblico-privato (Comuni, Regioni, piani di zona, ecc).
  • Rivendicare – anche attraverso azioni legali – il diritto all’iscrizione anagrafica e alla residenza dei richiedenti asilo. L’accesso ai servizi attraverso il solo domicilio è inaccettabile.
  • Rivendicare non retroattività della legge: le domande di protezione presentate prima del 5 ottobre devono essere esaminate secondo la normativa previgente e le persone godere dell’accoglienza. Ora si deve arrivare all’aspetto giudiziario perché la norma è letta anche dal Servizio Centrale come se chiedesse di non ricevere segnalazioni perché non può riceverle. Il Servizio Centrale deve rispondere, non avendo il potere per negare l’accoglienza perché la legge non lo dice. O le persone vanno inserite in accoglienza e nessuno lo può contestare, oppure si deve chiamare in causa il Servizio Centrale e quindi il Ministero. La questione è: si fa ricorso al giudice? Si impugna il diniego di fronte al TAR? Sarà sufficiente una decina di casi, va scelto qualche caso pilota, in diverse località, molto rapidamente, perché se non si fa adesso non si fa più. Stiamo parlando delle domande pregresse, perché dopo il 5 ottobre ci saranno altri quesiti e altre problematiche. Se non ci saranno contenziosi nei prossimi sei mesi vorrà dire che avremo abbandonato le persone a loro stesse

Il 2019 deve essere utilizzato perché i progetti esistono e il personale c’è, e gli operatori devono essere utilizzati a favore del progetto in sé. Il 2019 è l’anno che abbiamo a disposizione per noi stessi e per le persone che assistiamo.

CONCLUSIONI

  1. TUTELA LEGALE E SOCIALE – Come servizio pubblico territoriale: aperto a tutti, che valica il confine dell’appartenenza del beneficiario a un ente di tutela pubblico. Una proposta potrebbe essere quella di uscire dalla dicotomia CAS/SPRAR, ma parlando di territorio. Deve esserci un’azione di riconoscimento pubblico del lavoro degli enti locali e degli operatori legali. Quali sono gli attori che inseriamo in questa rete per costruire presidi territoriali diffusi? Sicuramente dobbiamo parlare con i sindacati, molto interessante è anche l’unità di strada perché data la legge è presumibile che meno persone si rivolgeranno ai servizi pubblici un po’ per diffidenza e un po’ perché sentono che la tutela pubblica viene a mancare. Un po’ come l’esperienza di allontanamento delle persone dei medici quando si era parlato della possibilità che i medici denunciassero lo stato di irregolarità delle persone. Non possiamo offrire solo la tutela giuridica in senso stretto, ma dobbiamo anche monitorare l’accesso ai servizi e all’accoglienza. Gli sportelli territoriali devono avere un ruolo da “pivot”, indagando i criteri e gli strumenti per trasferire nella rete le richieste e i bisogni. Per esempio, segnalare gli umanitari, i senza documenti.
  2. PREVENZIONE DELLA MARGINALITA’: EMERSIONE E CONTRASTO DELLE FRAGILITÀ: Dobbiamo cercare di far emergere le problematiche sociali più ampie, come la tratta, lo sfruttamento sessuale, lo sfruttamento lavorativo, il lavoro nero. Quelle zone grigie che si espandono all’aumentare della marginalità.
  3. OSSERVATORIO E MONITORAGGIO: Quante migranti ci sono su un territorio? Come le tracciamo? Quali sono gli strumenti che nell’operare in un servizio pubblico si può fornire? Dobbiamo rivolgerci ai beneficiari ma anche agli enti territoriali. È importante lavorare sulla percezione sociale e la responsabilità sociale nel denunciare i fenomeni dandogli un peso specifico.

Proponiamo anche di porre come requisito per l’adesione alla Campagna di EuropAsilo la creazione dei presidi territoriali appena citati, perché si tratta di un segno distintivo per il territorio. Naturalmente tale servizio deve essere riconosciuto politicamente ed economicamente (non lavoro gratuito o fatto “di nascosto”). Questo sistema rappresenta per il territorio un presidio di legalità. Deve essere chiaro che uno sportello è aperto per tutti e se si registra che sono venute 100 persone e solo 20 sono dello SPRAR, allora va garantito un servizio anche per gli altri 80 perché c’è un bisogno evidente.

In alcuni territori ci sono già esperienze importanti in questo senso. Per esempio a Brescia lo Sprar ha chiesto ufficialmente al Servizio Centrare l’apertura di uno sportello per tenere monitorato la presenza dei CAS nella zona est e ha ricevuto risposta affermativa, perché lo stesso Servizio Centrale è interessato ai dati che possono emergere ne territorio del comune e dell’hinterland. A Parma dal momento in cui la persona manifesta volontà d’asilo a quando si ritira il pds per richiedente possono passare anche tre mesi. Attraverso gli sportelli viene inviata tramite PEC una mail alla Questura per chiedere accoglienza e informazioni. È importante cercare di prevenire la marginalità nell’attesa e tenere traccia delle comunicazioni. Deve essere lo stesso interessato a presentare la propria domanda di accoglienza, ovvero di ingresso in filiera hub/cas al momento della formalizzazione, perché a quel punto è più titolato a fare ricorso in caso di mancata risposta: se la domanda la fa lo sportello rifugiati allora non è impugnabile allo stesso modo dagli avvocati. Bisogna far dichiarare al momento della formalizzazione con la compilazione di un prestampato per la richiesta dell’accoglienza, dichiarando di essere nullatenente, ai sensi della legge 142/2015, per silenzio inadempimento si entra in filiera. Bisogna difendere il singolo facendolo partecipe della sua vita, agli enti di tutela spetta il compito di aiutare, non di sostituirsi.


DIFENDERE L’ACCOGLIENZA Come tutelare gli esclusi? Quale rapporto Cas-Sprar?

L’asilo, i rifugiati, i minori non accompagnati non sono una questione di sicurezza pubblica.
Per questo devono uscire dal dominio del Ministero dell’interno ed entrare a pieno titolo nei luoghi di governance territoriale e nel welfare universale. Ancor più in questa fase è necessario interrogare gli enti e le sedi istituzionali preposte (a livello nazionale, regionale, distrettuale e comunale) affinché si assumano le responsabilità che gli spettano in termini di accoglienza, integrazione, accesso ai servizi e relazioni comunitarie.

Gli stessi enti che si occupano di accoglienza e tutela devono uscire dall’“angolo” dei servizi dedicati e rilanciare in termini non solo di accoglienza ma anche di “cittadinanza”. 

Il drammatico taglio dei costi e dei servizi nei CAS non può risultare indifferente al sistema ex Sprar perché produrrà enormi effetti a catena distruggendo ogni percorso di progressivo miglioramento dei servizi di accoglienza straordinaria verso un’ottica di qualità e normalità. È necessario quindi ripensare, il rapporto tra i progetti ex Sprar e le esperienze di positiva gestione dei CAS che vogliono ancora pensare ad un possibile futuro per evitare, o quantomeno contenere, gravissime conseguenze sulle persone e sul governo del territorio.

La difesa dell’accoglienza va letta in questa cornice più ampia, dalla quale rispondere anche alle domande più specifiche che seguono. Come articolare nei territori il rapporto tra Cas e Sprar? Quali posizioni tenere rispetto ai nuovi bandi Cas? Come dare continuità all’accoglienza di chi non ne avrà più titolo? Come posizionarsi rispetto a chi sarà “in caduta libera” verso l’irregolarità? Quali forme di accoglienza non governativa/istituzionale ha senso promuovere? Quale può essere il ruolo delle comunità e della società civile? Quali forme di disobbedienza siamo pronti a pensare ed agire? Quali connessioni possiamo sviluppare con le altre lotte sociali contigue a quelle per la difesa dell’asilo (per es. movimenti femministi e LGBTQ, per il diritto all’abitare, contro il precariato e lo sfruttamento lavorativo)?

PROPOSTE DI EUROPASILO

Importante soffermarsi sia su azioni di impatto politico/di denuncia (restituendo sempre una dimensione pubblica e di “disobbedienza”, non di supplenza alle mancanze del sistema pubblico e agli effetti collaterali che si produrranno in termini di produzione di irregolarità e marginalità sociale) sia su azioni di contrasto all’applicazione della nuova norma, riducendone quindi l’impatto almeno sul breve-medio periodo. Proposte EA:

  • Lanciare una campagna nazionale condivisa da più realtà sui territori mirata all’accoglienza degli esclusi a causa del decreto del governo (potremmo chiamarla“Io accolgo le pietre di scarto”, “Accoglienza non governativa”). Praticamente l’idea sarebbe quella di dare rilevanza – attraverso un simbolo comune – a chi ha scelto di accogliere persone rimaste senza accoglienza. Il tutto senza esclusione di soggetti che potrebbero partecipare: associazioni, cooperative, sindacati, enti locali ma anche singoli cittadini o famiglie. Chiaramente questa campagna avrebbe la necessità di un coordinamento molto forte (il “servizio centrale degli esclusi”) ma anche un sistema di comunicazione ben organizzato per far conoscere e circolare l’idea, evitando che si trasformi in una soluzione/tampone ai problemi creati dal decreto(punto in comune con Tavolo 4 – qui approfondire aspetti di contenuto).
  • Boicottare i bandi CAS: lanciare una campagna di rifiuto alla partecipazione e/o impugnare i bandi (qualunque servizio sociale di qualunque genere ha un costo pro die pro capite maggiore). Non si tratta solo di alzare di qualche euro la quota ma di ribadire l’approccio all’accoglienza integrata e diffusa nel sistema unico. Nel nuovo sistema gli operatori solo “carcerieri”.
  • Rivendicare non retroattività della legge:titolari di protezione umanitaria e anche richiedenti asilo devono essere ammessi allo Sprarladdove la loro domanda di protezione sia stata presentata prima del 5 ottobre; si applica la normativa previgente! Agire per via giurisdizionale e chiedere presa di posizione del Servizio centrale.
  • Rivendicare l’accesso allo Sprar anche da parte dei titolari di protezione sociale(gli unici esclusi in toto): manifesta irragionevolezza e profili discriminatori.
  • Richiedere presa di posizione del Servizio centrale sulladurata dell’accoglienza post-riconoscimentoin Sprar: non possono rimanere solo 6 mesi (considerato anche come arriveranno dai Cas…), pur mantenendo l’approccio dell’accoglienza emancipante e della flessibilità dei tempi sulla base dei percorsi individualizzati. Richiamare comunque alla necessità del sistema unico (richiedenti-titolari) e di reali politiche di integrazione.

CONCLUSIONI

L’approccio che si vuole portare avanti è quello di evitare il più possibile la frammentazione delle azioni e la loro parcellizzazione nel territorio. L’obiettivo è quello di impegnarsi in azioni unitarie che escano dall’indeterminatezza, che non siano divisive nella comunicazione verso l’esterno e che sappiano dare voce a quella che è la coscienza collettiva, questo sia nel nostro ruolo di lavoratori che in quello di soggetti politici.

Una di queste azioni collettive è quella di rivendicare l’ingresso degli umanitari e degli altri aventi diritto nello Sprar. E’ fondamentale far valere la non retroattività della legge per i titolari di protezione umanitaria e anche i richiedenti asilo devono essere ammessi, laddove la loro domanda di protezione sia stata presentata prima del 5 ottobre: si deve applicare la normativa previgente. Agire per via giurisdizionale e chiedere presa di posizione del Servizio centrale.

Monitoraggio delle banche dati: è stata richiamata l’idea di costituire una banca dati “dal basso” per dare una soluzione al problema che i titolari delle banche dati non forniscono informazioni precise sia sulle presenze all’interno dei Cas/ Sprar, ma anche sul titolo di permessi di soggiorno che le persone inserite in percorsi di accoglienza hanno. Produrre e mettere a disposizione dei dati quanto più nazionali e precisi, è importante anche nell’ottica di dare un senso politico collettivo alla campagna nazionale e per entrare in una relazione positiva con gli enti locali con i quali poter costruire un’alleanza e portare avanti una battaglia comune. Per produrre questi dati è necessaria la dimensione di rete e di condivisione tra territori.

Il discorso sulla campagna nazionale è connesso anche con il tema della trasversalità dei servizi e con la territorializzazione. E’ importante uscire dalla logica dei servizi dedicati, ragionare sempre di più su quanto e come queste proposte vadano ad interessare componenti variegate della popolazione presente sul territorio che vivono esperienze di precarietà, marginalità sociale ed esclusione.

E’ emersa anche la volontà di molti di boicottare i bandi Cas, rifiuto di entrare nella logica del contratto a ribasso. Tutela degli irregolari significa tutelare i diritti inalienabili. Anche gli irregolari hanno dei diritti, la legge sta creando irregolarità, i diritti inalienabili devono essere esigibili anche a chi non ha un permesso di soggiorno e per questo devono essere difesi. Tema dei lavoratori dell’accoglienza, difesa dei posti di lavoro, difesa del patrimonio di competenza che non devono essere “silenziate”. Forme strategiche di presa di parola


LA SFIDA DELLA COMUNICAZIONE Come divulgare una diversa narrazione sulle migrazioni?

Sulla cultura dei diritti, della solidarietà, dell’antirazzismo occorre trovare un modo diverso di comunicare e informare, di coinvolgere persone e soggetti anche al fuori dalle cerchie degli addetti ai lavori. Finora l’investimento e i risultati non sono stati adeguati e sufficienti. Come preparare il terreno per una trasformazione più ampia e ambiziosa che vada al di là di quelli che possono essere visti come interessi corporativi o di difesa dello status quo?

Come riconoscere e rafforzare il ruolo di migranti e rifugiati quali protagonisti delle narrazioni che li riguardano? Come spostare lo sguardo dagli sbarchi e dalle accoglienze alla realtà delle comunità interculturali? Quali relazioni intrattenere con gli attori della comunicazione? Come cominciare a pensare a campagne di sensibilizzazione unitarie e coinvolgenti?

PROPOSTE DI EUROPASILO

  • Proporre di costruire unarete di comunicatoridel settore dell’accoglienza che miri a:

     a) costruire strumenti condivisibili e replicabili

     b) intercettare giornalisti in grado di dare spazio alle “nostre” notizie

     c) condividere notizie che possono essere rilanciate attraverso diversi media

  • Proporre unosservatorio nazionalesulle conseguenze pratiche del decreto, puntando in particolare sui numeri e le analisi. L’idea potrebbe essere quella di produrre dei report destinati alla diffusione attraverso diversi canali di comunicazione, per far capire quello che sta accadendo concretamente. L’obiettivo è molto vasto e deve, necessariamente, coinvolgere anche altre realtà (come università e centri di ricerca: v per es Escapes, RiM Ricercatrici e Ricercatori sulle Migrazioni).
  • Lanciare una campagna nazionale condivisa da più realtà sui territori mirata all’accoglienza degli esclusi a causa del decreto del governo (potremmo chiamarla“Io accolgo le pietre di scarto”, “Accoglienza non governativa”). Praticamente l’idea sarebbe quella di dare rilevanza – attraverso un simbolo comune – a chi ha scelto di accogliere persone rimaste senza accoglienza. Il tutto senza esclusione di soggetti che potrebbero partecipare: associazioni, cooperative, sindacati, enti locali ma anche singoli cittadini o famiglie. Chiaramente questa campagna avrebbe la necessità di un coordinamento molto forte (il “servizio centrale degli esclusi”) ma anche un sistema di comunicazione ben organizzato per far conoscere e circolare l’idea, evitando che si trasformi in una soluzione/tampone ai problemi creati dal decreto(punto in comune con Tavolo 3 – qui approfondire aspetti di comunicazione).

CONCLUSIONI

Nella campagna di comunicazione il focus non dovrebbe essere solo sui migranti. E’ necessario decostruire l’idea dei migranti come fulcro del problema, ponendo al centro la disuguaglianza in generale.

All’Università di Trento stiamo organizzando un progetto di ricerca sugli effetti del Decreto sicurezza e immigrazione.

Il lavoro di comunicazione sulle tematiche dell’immigrazione deve coinvolgere i diretti interessati; i migranti dovrebbero essere i protagonisti delle narrazioni che li riguardano.

E’ importante, nella comunicazione, la presenza di gesti che siano visibili e d’impatto. Come l’iniziativa di una parrocchia, di non allestire il presepe quest’anno, esponendo invece un cartello “Non c’era posto per loro.” Luca 2,1-14 DL 113/2018.

Sulla cultura dei diritti, della solidarietà, dell’antirazzismo occorre trovare un modo diverso di comunicare e informare, di coinvolgere persone e soggetti anche al fuori dalle cerchie degli addetti ai lavori. Finora l’investimento e i risultati non sono stati adeguati e sufficienti. Come preparare il terreno per una trasformazione più ampia e ambiziosa che vada al di là di quelli che possono essere visti come interessi corporativi o di difesa dello status quo?

L'asilo resiste

Instant report - Prospettive idee azioni dopo il Decreto Immigrazione [Convegno nazionale 2018]